Made in carcere – da condanna a rieducazione, da problema a risorsa

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“La liberazione non è la libertà; si esce dal carcere, ma non dalla condanna”.

Così scriveva Victor Hugo ne “I Miserabili”. A quasi due secoli di distanza le carceri non hanno ancora perso la loro funzione di “garanti delle colpe”, di vendicatori camuffati da giustizieri che ricercano nella sofferenza personale il pagamento di una equa pena.

Il colpevole è già macchiato dal peso della colpa, il carcere la tatua sul suo corpo, la rende indelebile. Il compito del carcere tuttavia non dovrebbe essere quello di rendere indelebile una colpa, ma di farla scontare; non quello di punire e intimorire la coscienza, ma di rieducarla. In un clima di profondo disfattismo politico sembra che un simile rinnovamento culturale paia un utopia. Per questo vorrei porre sotto l’attenzione di tutti i fatti di politica che funzionano, quelli realmente ProPositivi. Arriva dalle piccole e medie amministrazioni, dalle associazioni socio-culturali, dai comuni virtuosi, e ora è giunto fino a Milano. Non solo progetti di rieducazione e reinserimento, ma anche di sensibilizzazione sociale oltre ad essere vere e proprie opportunità economiche per l’intero paese.

Niente Made in China, a Milano nasce il “Made in Carcere”.

La fabbrica del cioccolato in carcere finanziata da ex calciatori, Busto Arsizio.

Il connubio Pane e Carcere. 
“Carcere Mammagialla di Viterbo: nel 2008 20 detenuti hanno conseguito una qualifica professionale grazie ad un corso di 250 ore, finanziato dalla Regione Lazio, gestito da Enaip Lazio. Il progetto coinvolge il Prap e 13 carceri laziali con 16 moduli di formazione professionale, 12 di alfabetizzazione informatica, 10 moduli per il consolidamento di competenze trasversali, 11 percorsi di orientamento e 50 tirocini di orientamento all’interno e/o all’esterno del carcere. Il corso per Operatore addetto alle produzioni di Pasticceria è stato tenuto da due artigiani di Viterbo – Maurizio Deci ed Ermes Lombardelli, titolari in città della pasticceria ‘Lombardelli’ – con l’obiettivo di creare, a medio termine, un marchio e la produzione di una linea di biscotteria secca di qualità con utilizzo di prodotti biologici e promozione di dolci tipici.”

La rieducazione in carcere passa dal disegno: 
“Recuperare i condannati attraverso un foglio bianco: la pittrice Viktorija Lomasko insegna la sua arte ai giovanissimi in riformatorio”

Giustizia.it: La vetrina online di prodotti dal carcere.
Articoli enogastronomici e di qualità artigianale e territoriale. L’iniziativa ha interessato finora 36 istituti penitenziari, divisi in 27 case circondariali e 9 case di reclusione e l’ospedale psichiatrico giudiziale di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Tutti i nomi dei prodotti nella vetrina virtuale richiamano in qualche modo la condizione di reclusi nella quale si trovano questi speciali lavoratori. Pertanto si va dai vini “Il fuggiasco”, “Valelapena”, “Il Recluso Bianco”, “Sette Mandate” o “Fresco di galera” alla Borsa “Rebibbia fashion” o le praline “Dolci libertà”, dal formaggio “Galeghiotto” alle cartelle “Ora d’Aria”.

Sprigioniamoci: Economia Carceraria.
Portale di associazioni e cooperative interessate in questi progetti.

Chiavi, sbarre e cucito in un cd i suoni del carcere.
Un gruppo di artisti da New York nei laboratori del penitenziario di Lecce, dove le detenute confezionano borse e accessori. I rumori, mixati e campionati, sono diventati musica da incidere e vendere per finanziare i progetti di recupero.

Note in carcere
VLP Sound – Vale La Pena Sound – Musica a San Vittore è uno spazio di produzione musicale permanente, nato nel 2005 all’interno del carcere di San Vittore. Anche quest’anno, per Natale, è stato realizzato “Break it Down”.

Made in Carcere
Made in Carcere nasce nel 2007, grazie a Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa, una cooperativa sociale, non a scopo di lucro.  Si producono manufatti “diversa(mente) utili”: borse, accessori, originali e tutti colorati. Sono prodotti “utili e futili”, confezionati da donne ai margini della società: 20 detenute, alle quali viene offerto un percorso formativo, con lo scopo di un definitivo reinserimento nella società lavorativa e civile.Lo scopo principale di Made in Carcere è diffondere la filosofia della “seconda opportunità” per le detenute e della “doppia vita” per i tessuti. Un messaggio di speranza, di concretezza e solidarietà, ma anche di libertà e rispetto per l’ambiente. Ironia, semplicità e creatività sono le caratteristiche che contraddistinguono i prodotti Made in Carcere. Sono manufatti che nascono dall’utilizzo di materiali e tessuti esclusivamente di scarto, provenienti da aziende italiane che credono in noi e particolarmente sensibili alle tematiche sociali ed ambientali.

“La detenzione qui non è concepita soltanto come pena, ma anche come processo di rieducazione e riabilitazione psico-fisica della persona. Esprimere assiduamente la propria creatività fa sì che la parte malsana dell’essere umano indietreggi, si allontani, lasciando libero spazio di possibilità per un cambiamento reale e profondo”.

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