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La migliore legge elettorale? – Le alternative al Porcellum

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I risultati di un’elezione dicono di più sulla legge elettorale che sui desideri degli elettori. (D. Saari)

Dopo otto anni il cosiddetto Porcellum è stato dichiarato incostituzionale, il parlamento ha rischiato l’illegittimità e il popolo italiano ha eletto per tre volte un governo con un sistema che mina alla base l’integrità del paese. Nonostante la legge Calderoli sia stata criticata non solo da tutti i partiti e dall’intero popolo, ma anche dal suo stesso creatore, c’è stato bisogno di uno scandalo simile per stimolare nuovamente la volontà politica di riformare la suddetta legge. Ora il dibattito italiano è focalizzato sulle preferenze. C’è chi vorrebbe reintrodurle, chi le sostiene anche se un tempo le criticava, e chi le ostacola a favore di una democrazia di nominati. A detta dei più, l’importante è il premio di maggioranza che garantirà la stabilità.

Ma è veramente questo il problema principale del sistema elettorale? Dal proporzionale ad oggi, alla ricerca di una stabilità, tanto si è ignorato e tanto si continua ad ignorare, delle leggi matematiche, statistiche basilari dei sistemi elettorali. In pochi si domandano e parlano di come effettivamente sia possibile rispecchiare la volontà popolare (e a quanto pare anche la costituzione) prima di garantire la stabilità ad un governo interdetto.

Perché, anche in tempi di riforme, non sentiamo mai parlare di come scongiurare il voto tattico, ma sempre e solo di alimentarlo attraverso il “voto utile”? Perché al di fuori dei contesti accademici è raro sentire parlare di “teorema dell’impossibilità di Arrow” e della teoria dei giochi?

Un articolo di Sandal si domanda se possa esistere una legge elettorale perfetta, analizzando diversi scenari basati sulle ricerche di importanti studiosi e matematici. Ci ricorda innanzitutto che un sistema elettorale ottimale dovrebbe come minimo rispettare tre presupposti basilari: Deve essere democratico, rappresentativo e indipendente dalle minoranze. Nel tentativo di ricercare un sistema in grado di soddisfare tutti e tre i bisogni al tempo stesso, Kenneth Arrow elaborò l’omonimo “teorema dell’impossibilità”. Al livello matematico non vi è modo di realizzare un sistema che rispecchi tutti e tre i principi. Questa ricerca lo porto a vincere il Premio Nobel per l’economia nel 1972. In breve, in una competizione in cui partecipano più di due partiti, nessun modello democratico, per quanto la sua legge elettorale sia elaborata, potrà mai rispecchiare la volontà della maggior parte degli elettori. Prendiamo un esempio banale: ipotizziamo che vi siano due partiti di sinistra e uno di destra. I partiti di sinistra insieme raccolgono il 60% dei consensi. Tuttavia decidono di correre da soli alle elezioni accaparrandosi il 30% ciascuno. Un popolo di elettori per la maggior parte di sinistra si ritrova dunque con un governo di destra eletto con il 40% dei voti.

Qui si manifesta apertamente il meccanismo del voto tattico, per la quale conviene rovesciare i voti sul più forte tra i due candidati di sinistra. Trovandoci spesso costretti a votare chi conviene piuttosto che ci rappresenta maggiormente e a ricorrere a quello che stato spesso definito “voto utile”. Raffigurando il vecchio adagio della politica italiana: “si vota contro e mai a favore”.

Ma davvero non c’è modo di limitare l’impatto di tali dinamiche? Nel tentativo di contrastare il voto tattico e la dispersione dei voti, nel 2010 in Inghilterra si è tenuto un referendum per promulgare l’”alternative vote system“, un sistema già presente in Australia e in Irlanda e in cui non viene chiesto agli elettori di segnalare con una crocetta il proprio candidato ma di mettere i candidati in ordine di preferenza. Se nessuno ottiene la maggioranza assoluta come prima preferenza, si procede all’eliminazione del candidato in minoranza e le seconde preferenze da lui ottenute vengono ridistribuite tra i candidati rimasti, fino ad ottenere la maggioranza assoluta. Questo sistema si fonda sul Metodo di Condorcet, per il quale raramente vince la prima scelta, ma si tende alla ricerca di un compromesso, favorendo il candidato meno sgradito. Roberto Brocchini si è preoccupato di comparare il sistema alternativo con il sistema del voto singolo trasferibile. L’alternative vote allenta sicuramente il meccanismo del voto tattico, e a seconda del contesto geopolitico, garantisce un maggiore rispetto della volontà popolare rispetto al voto singolo trasferibile.

Tuttavia non è in grado di scongiurare il teorema di Arrow. Donald Saari, dell’Università della California, ci spiega perché. Colui che viene eliminato per primo, avendo ottenuto la minoranza tra le prime preferenze, è possibile che abbia ottenuto la maggioranza nelle seconde e nelle terze, e che non sia stato messo all’ultimo posto da nessuno. Risultando quindi come il più adatto a rispecchiare la volontà popolare, ma venendo comunque scartato al primo turno.

Per questo motivo, Saari concorda maggiormente con il conteggio di Borda, concepito nel 1770 e utilizzato, per esempio, in Slovenia. In questo modo vengono assegnati dei punteggi alle preferenze, e non c’è bisogno di utilizzare dei meccanismi di scarto, si sommano semplicemente i punti, e chi ne ottiene di più vince. Analizzando le elezioni presidenziali tra Bush e Gore nel 2000, con il metodo Borda sarebbe stato Gore a vincere.

Non fraintendete, neanche Borda è immune ad Arrow, ma ne riduce notevolmente l’impatto. Un sistema in grado di arginarlo quasi completamente è il cosiddetto range voting. Il teorema può essere applicato solo ai sistemi che richiedono un ordine di preferenza tra i candidati. Nell’ultimo caso citato invece viene richiesto agli elettori di dare ai candidati un voto (da zero a nove per esempio), ma la sua particolarità consiste nel fatto che uno o più candidati possono ottenere lo stesso voto, avere cioè lo stesso grado di preferenza. Tuttavia neanche il range voting può sopraffare il meccanismo del voto tattico dall’insinuarsi. Il voto a punteggio, è elogiato da molti matematici ma criticato da altrettante forze politiche perché può avvantaggiare candidati mediocri con un punteggio medio, di cui gli elettori hanno un’opinione incerta, rispetto alle figure carismatiche. Statisticamente il range voting consente grande possibilità di espressione della volontà popolare e scongiura i personalismi più estremi.

Tali sistemi nonostante i loro difetti, rispetto ai sistemi come il proporzionale puro o il maggioritario semplice acconsentono maggiormente al rispetto del volere elettorale, perché danno la possibilità di esprimere un parere su tutti i candidati, e se solo si avesse la volontà di studiarne gli effetti in relazione al contesto italiano allora sapremo con certezza quali benefici apporterebbero. E’ su di questi sistemi, partendo da questi presupposti, che si dovrebbe discutere dei contorni della legge elettorale, ovvero di premio di maggioranza, ballottaggio, sbarramento e stabilità. Non su sistemi che, a prescindere dalle preferenze singole, incoraggiano il voto tattico e il personalismo a favore dell’aristocrazia partitica.

Per alcuni, in particolare per gli studiosi neoconfuciani cinesi, uno degli aspetti più detestabili dei nostri sistemi elettorali è che non sono basati sul merito e la virtù politica, cioè che chiunque possa candidarsi. Questo è considerato come una delle principali critiche nell’assumere un modello democratico di stampo occidentale. Nel dibattito sul modello ideale di democrazia i politici, per in neoconfuciani, dovrebbero essere scelti attraverso un sistema in grado di garantire un compromesso efficace tra meritocrazia e democrazia, ripristinando l’antico sistema di esami confuciani che per secoli è stato capace di dar vita alla burocrazia più efficiente al mondo.

Di fronte a lacune di rispetto del volere popolare e del merito politico evidenti, davvero abbiamo ancora il coraggio di parlare di stabilità? Per quale motivo se non per garantire a persone dalle dubbie qualità politiche e che non rappresentano il proprio paese, di poter governare con tranquillità?

Anche con le preferenze l’Italicum non verrà reso migliore, perché il problema è alla base. Non c’è dubbio, senza stabilità non si governa. Ma senza un sistema che si preoccupi di rispecchiare la volontà popolare e le competenze, a governare non è il popolo, ma la partitocrazia, perché sono i bisogni del partito a prendere il sopravvento sui bisogni reali del paese.

Per i più radicali è stata studiata anche la possibilità di realizzare una lotteria dei voti, più o meno sotto il modello dell’estrazione della fava degli antichi greci. Questo sistema consiste nel votare il proprio candidato e poi di estrarre a sorte. Più il candidato è stato votato e più ha possibilità statistiche di essere estratto. Vi sembra assurdo? Be, sappiate perlomeno che questo “assurdo” sistema, studiato a Yale, matematicamente garantisce un rispetto della volontà popolare maggiore rispetto ai sistemi tradizionalmente usati in Italia. L’estrazione è infatti l’unico modo di annientare il teorema di Arrow e il voto tattico al tempo stesso. Non faccio certo propaganda per tale sistema, ma se dovessi scegliere tra questo e l’ennesimo Porcellum con nuove vesti non avrei dubbi su quale sarebbe migliore, al livello statistico, democratico e morale.

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