La questione meridionale tra Gramsci e Next GenerationEU

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A cent’anni dalle riflessioni di Gramsci sulla questione meridionale, l’Italia deve ancora fare i conti con l’arretratezza del Sud e dei territori marginali, ancora più inasprita dalla pandemia. Per dare attuazione alle strategie europee, al Recovery Fund e al Piano nazionale di ripresa e resilienza, è cruciale dare centralità al pensiero gramsciano e alle iniziative di rigenerazione territoriale promosse dalle nuove generazioni.

IL FATTO QUOTIDIANO – Dopo due anni di intensi negoziati, il 16 dicembre 2020 il Parlamento europeo ha approvato con larga maggioranza il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27 che stanzia 1.074 miliardi, a cui si aggiungeranno i 750 milioni di NextGenerationEu, per rispondere ai danni causati dalla pandemia e creare un’Europa più verde, digitale e inclusiva. Tra i diversi Paesi membri, l’Italia disporrà di un budget di oltre 300 miliardi (16% del totale) per l’attuazione del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). In linea con gli ambiti identificati dall’Unione, il Governo ha delineato uno schema basato su tre assi strategici (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale) e altrettante priorità trasversali (donne, giovani e Sud).

Dentro tale matrice, urgente è la necessità di affrontare strutturalmente le profonde divergenze territoriali che attraversano il Paese. Come rilevato da numerosi indicatori internazionali, le regioni del Mezzogiorno continuano a risultare tra quelle meno sviluppate d’Europa in termini di Pil pro capite, occupazione giovanile e femminile, livello di istruzione, digital divide. Inoltre crescono le disuguaglianze tra centro e periferie: città e campagne deindustrializzate, aree urbane e aree interne, che rappresentano il 53% circa dei Comuni italiani, ospitano oltre 13.5 milioni di abitanti (23% popolazione) e occupano il 60% della superficie nazionale.

Una fragilità diffusa – acutizzatasi con il Covid – che da decenni non trova reale risoluzione. Da una parte per l’instabilità politica a più livelli, di cui lo psicodramma della crisi di governo è l’emblema. Dall’altra per le difficoltà di ministeri, Regioni ed enti locali nella gestione burocratica, finanziaria e partecipativa delle politiche di coesione europea. Come nel caso dell’ultima programmazione 2014-20, finanziata con 73,4 miliardi, di cui l’Italia a fine 2020 ha liquidato poco più del 40% delle risorse.

Se quindi è indubbia l’imprescindibilità delle strategie e delle risorse del Pnrr, altrettanto certa è l’esigenza di comprendere a fondo le radici della frattura tra Nord e Sud per attivare processi aperti, capaci di promuovere lo sviluppo dei suoi territori. In tale ottica, cogliendo l’occasione della celebrazione dei 130 anni dalla nascita di Antonio Gramsci e dei 100 anni dalla fondazione del Partito Comunista d’Italia, tornano di grande utilità le sue riflessioni in relazione alla “questione meridionale” e raccolte nel 1966 in una pubblicazione degli Editori Riuniti.

Di Luca Pirisi e Gian Luca Atzori. Illustrazione: Valentina Vinci.

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