Per l’Amazzonia, il 2018, non è stato solo l’anno di Jair Bolsonaro e dell’avvio della sua battaglia contro il polmone del mondo, i popoli della foresta e l'”indigenismo sciita”. Una rivendicazione che mira a depredare i loro territori, a costo di sparare per uccidere, come già avvenuto.
Il 2018 è stato anche un anno di rivalsa per gli amazzoni. I Cofan dell’Ecuador hanno vinto una battaglia legale per proteggere le acqua del fiume Aguarico, revocando 52 concessioni minerarie e preservando 32 mila ettari di foresta.
Nel tempo, molte organizzazioni pubbliche e private hanno utilizzato la scusa della conservazione per attuare un vero e proprio colonialismo, incapaci di comprendere i paradigmi delle popolazioni native.
“Sin dagli albori della nostra vita come popolo, questo territorio è stato il nostro supermarket, la nostra farmacia, il nostro ferramenta” afferma Alex Lucitante, uno dei controllori Cofán. “I nostri antenati sono nati e sono stati sepolti qui. La nostra connessione con questo luogo è più profonda di quella dello stato. E’ nostro dovere gestirlo e proteggerlo.”
Ad oggi, più di 550 movimenti indigeni e di tutela si sono uniti in una campagna globale dal nome “Land Rights Now”, per raddoppiare l’area riconosciuta ai nativi entro il 2020. “Le popolazioni indigene, e non gli ambientalisti, sono la chiave per proteggere gli ecosistemi più preziosi del pianeta.”
Fonti e approfondimenti: